Zootecnia, Confagricoltura Umbria lancia l’allarme per i costi di produzione.
Sotto i riflettori la filiera del latte e quella produttiva dei mangimi.
Pennacchi: “Assistiamo a fenomeni speculativi che stanno producendo danni economici nel comparto zootecnico. Servono subito accordi di filiera in attesa di soluzioni a lungo termine”
PERUGIA – Nello stato di crisi generale che ha colpito molti settori dell’economia e, sicuramente, alcune parti dell’agricoltura, Confagricoltura Umbria sta registrando nuovi e diffusi elementi di malessere del settore che si sommano alla contrazione dei consumi e alla modifica degli stessi che, in questo momento, stanno fortemente erodendo la redditività delle imprese agricole.
In una situazione mondiale di grande difficoltà purtroppo si assiste a fenomeni speculativi che, toccando ciclicamente ogni genere di materia prima, questa volta stanno producendo danni economici e grave preoccupazione nel comparto zootecnico.
“Accordi temporanei di filiera, in attesa di sviluppare soluzioni a medio-lungo termine, che tengano conto della differenza tra il prezzo del latte pagato alla stalla, all’ingrosso e al dettaglio – suggerisce Matteo Pennacchi, presidente della sezione zootecnica di Confagricoltura Umbria – sarebbero sufficienti per gli allevatori che percepiscono un prezzo medio del latte di Euro 0,40 al litro. Ricevere il 3% in più (pari a circa 4 centesimi in più al litro prodotto) del prezzo del latte fresco pagato dal consumatore, che corrisponde a circa Euro 1,80 al litro, garantirebbe la sopravvivenza delle aziende produttrici e la stabilità delle filiere nazionali”.
“E’ noto infatti – prosegue Pennacchi – che l’Italia e l’Europa sono largamente deficitarie nella produzione di materie prime proteiche vegetali, parte essenziale della dieta degli animali. Le attuali quotazioni mondiali della soia stanno crescendo notevolmente e trascinando con sé, nel rialzo costante dei prezzi, il mais, che è la più importante base energetica ad uso zootecnico. Il fenomeno si sta ripercuotendo su tutta la filiera produttiva dei mangimi e, inevitabilmente, si traduce in prezzi di acquisto crescenti da parte degli allevatori”.
Di fronte a questi eventi, secondo Confagricoltura, neppure i mangimisti hanno elementi per mitigare il fenomeno ed è necessario che si creino le condizioni economiche affinché i costi dei prodotti alimentari possano seguire i costi di produzione, specialmente laddove questi non sono rappresentati da scarsa imprenditorialità ma sono fattori esogeni non controllabili.
E’ altresì importante che il piano proteico europeo decolli in maniera robusta rendendo conveniente la coltivazione di specie vegetali proteiche in quantità elevata tale da portare il tasso di autoapprovvigionamento prossimo all’autosufficienza: questo salvaguarderebbe il settore.
“Tra gli obiettivi della nuova PAC che entrerà in vigore dal 2023 – conclude Fabio Rossi, presidente di Confagricoltura Umbria – vi è il perseguimento di più equi rapporti tra gli attori della filiera, proprio per salvaguardare il reddito degli agricoltori”.